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Il nostro viaggio in Brasile: ricordi, riflessionie immagini

Brasile: Casa degli Angeli altro

L’amore fecondo                                     di Anna Antonetti


Sin dal nostro arrivo all’aeroporto di Salvador ho potuto conoscere e beneficiare della personalità carismatica e profonda di padre Tommaso, una persona semplice e umile, dallo sguardo assorto, che rivela un’intensità e una profondità d’animo riscontrabili raramente in un essere umano.

Grazie alla sua presenza e guida questo viaggio in Brasile, nel cuore dello stato di Bahia, si è rivelato incisivo per me perché mi ha offerto occasioni preziose di confronto con livelli di umanità che non pensavo esistessero.

Infatti, padre Tommaso, è il vescovo e il pastore di una diocesi nella quale un gruppo ingente di persone che vive in uno stato di semi povertà,  si prodiga  con grande generosità d’animo, per aiutare delle comunità ancora più bisognose.
Questo potrebbe bastare per avere un’idea della grande ricchezza d’animo delle persone che ho avuto la fortuna di incontrare in questo viaggio, in particolare tutti i volontari della Pastoral da Criança.
Offrire a queste persone una struttura come la Casa degli Angeli, dove poter esercitare questa bellissima opera umanitaria è stato un gesto che ha sicuramente riscaldato i nostri animi.
Quando sono arrivata di fronte alla Casa e l’ho osservata ho avuto chiaramente la sensazione che prima di noi e di tutte le azioni concrete che hanno portato alla costruzione di quest’opera, degli angeli lassù abbiano unito le loro energie per guidare e aiutare tutti noi verso il compimento di un progetto meraviglioso che contribuisce a dare vita e speranza a moltissime persone veramente bisognose.
Questa netta sensazione che ho avvertito si inserisce nel concetto espresso durante l’omelia nella quale il celebrante spiegava che alla basa di tutta questa grande opera di umanità c’è l’amore fecondo, ossia quell’amore che passando attraverso la più grande delle sofferenze umane dovuta alla perdita di un figlio, non si lascia spegnere e vincere dal profondo dolore, bensì si fortifica e si arricchisce di tale esperienza continuando a dare altra vita.
Questo è l’amore fecondo, oserei dire quasi miracoloso!
Nel giorno dell’inaugurazione questo amore fecondo era quasi palpabile, se ne percepiva chiaramente la sua forza e la sua energia nei volti di tante persone presenti. Questa grande esperienza che mi ha cambiata e senza dubbio arricchita, tra le tante cose, mi ha anche chiarito il significato dell’amore che vince la morte!
Così come la vita è un continuo processo in divenire, anche la Casa degli Angeli che dona la continuità della vita è un’opera che racchiude al suo interno ancora nuovi progetti da poter e dover sviluppare e che si andranno ad integrare con quello già compiuto.




Il mio viaggio in Brasile           
di Antonio D'Angelo  

"Sentire" di qualcosa è un conto, "vedere e toccare con mano"  è tutta un’altra cosa!
Avevo ascoltato Mons. Tommaso Cascianelli, "l’angelo buono di Irecè", quando era venuto a Roma a presentarci il progetto della "Pastoral da Criança", di come sia rivolto a mamme, gestanti e bambini ma, probabilmente distratto, non ne avevo afferrato il significato.
Poi siamo arrivati ad Irecè e lì abbiamo incontrato decine e decine di volontari di ogni età; famiglie intere che, con amore, dedicano la loro vita al servizio dei fratelli più poveri o più indigenti di loro, donando tutto se stessi. La sera dell’arrivo, dopo 12 ore di viaggio da Salvador, su strade sconnesse, sterrate e piene di buche e dossi, visitando parrocchie della diocesi sperdute nel deserto, ci siamo fermati nella Parrocchia di San Pietro.Qui abbiamo trovato una trentina di persone, famiglie intere anche con bambini, che sbucciavano patate, pulivano ogni tipo di verdura, cuocevano carne avuta gratuitamente dai commercianti del luogo, il tutto per preparare una "Sopa" per circa 500 persone, che la sera successiva, dopo aver lavorato in cucina ininterrottamente per tutta la notte e parte del giorno, avrebbero portato a persone disagiate della città.
Ci hanno detto che, per tanti, quello sarebbe stato l’unico pasto della giornata. La sera seguente ci siamo recati anche noi in un "barrio" ( cioè quartiere, ma chiamarlo tale è impossibile): un agglomerato di casette/baracche fatiscenti, con strade sterrate e piene di buche dove giocavano bambini e adolescenti scalzi, seminudi, anche se, col fare della sera, la temperatura era scesa di molto. Qui, in una specie di garage offerto da una famiglia, è stata celebrata la Santa Messa, mentre a lato sostava il furgone dei volontari con la "Sopa". Vi partecipavano un centinaio di persone, specialmente bambini, che avevano scodelle, lattine, casseruole  e perfino secchi per prendere la loro razione di "sopa" e portarla anche a casa. Molti genitori di questi bambini non partecipavano alla Messa ma i volontari, dopo aver distribuito la sopa ai presenti,  sono andati casa per casa per portarla a tutti, senza alcuna distinzione, perché tutti ricevessero almeno quel pasto. Questa operazione, chiamata la "Sopa di Suor Dolce", dal nome di una suora morta negli anni novanta e di cui è iniziato il processo di santificazione, che per prima la istituì per i poveri ed i barboni di Salvador che era la sua città, viene ripetuta una volta al mese da tutte le parrocchie della diocesi. Abbiamo toccato con mano il "Vangelo di Cristo portato alle estreme periferie esistenziali", come ci dice continuamente il Santo Padre Francesco, che ben conosce questa realtà. Il giorno successivo abbiamo visitato un’altra parrocchia a circa 70 km da Irecè (le distanze sono queste da una parrocchia all’altra, in una diocesi grande quanto la nostra Sicilia), povera anch’essa come le altre, ma di una povertà ornata di grande dignità, dove centinaia di adulti e bambini aspettavano il loro vescovo con canti e sventolio di fazzoletti. Quando è sceso dal pulmino lo hanno assalito con un affetto da far venire le lacrime agli occhi. Qui i volontari della pastorale stavano facendo l’operazione mensile di pesa dei bambini e controllo delle mamme gestanti. Ci hanno spiegato che per ciascuno di loro avevano compilato una scheda personale per seguirne la crescita, al fine di dar loro tutte le cure necessarie, le vaccinazioni ed anche un’educazione alimentare nella speranza di prevenire le immancabili malattie che, in una tale desolazione, possono  più facilmente diffondersi.  Siamo rimasti con loro ed il loro giovanissimo parroco tutta la sera ed alla fine hanno voluto donarci un piccolissimo presente, fatto con le loro stesse mani, che per noi ha acquistato un valore immenso perché fatto e dato con un amore che noi non possiamo nemmeno immaginare nelle nostre realtà occidentali.  Questo viaggio per noi tutti è stato un bagno di umiltà in un mare di amore che profondeva da tutti i sorrisi, gli abbracci, i doni che questi fratelli, pur nelle più tristi necessità, ci hanno riservato.
Ognuno di noi ne è tornato arricchito e con la determinazione che non possiamo più girarci dall’altra parte; hanno bisogno di noi come noi abbiamo bisogno del loro esempio di condivisione, umiltà, generosità e continuo ringraziamento a Dio anche del pochissimo che hanno.

Galleria Fotografica

Visitando Salvador e il Memorial di Suor Dulce

Lungo la strada da Salvador a Irecè

La Casa degli Angeli

La pastoral da criança e le sue attività

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